di Federico Cenci Emorragie, infezioni, dolori forti e prolungati. E ancora: ansia, depressione, disturbi post-traumatici da stress. L’aborto può portare le donne che lo subiscono a conseguenze anche letali. Lo spiega l’Associazione ProVita Onlus, che ha lanciato una petizione al Ministero della Salute affinché nei consultori le donne che vi si recano per chiedere di abortire, siano adeguatamente informate. In questo senso si colloca anche la pubblicazione da parte di ProVita di un breve libro intitolato Per la salute delle donne, che offre un sommario dei rischi correlati all’interruzione volontaria di gravidanza. Potrebbe essere questa la guida da distribuire alle donne. In Terris ne ha parlato con l’autrice, la scrittrice Lorenza Perfori, che da anni si occupa di difesa della vita. Riporto una riflessione sulla coscienza che ho estratto dal saggio “L’elogio della coscienza. La verità interroga il cuore” (Cantagalli, 2009) di Benedetto XVI.
Il grande burrone Un uomo sempre scontento di sé e degli altri continuava a brontolare con Dio perché diceva: “Ma chi l’ha detto che ognuno deve portare la sua croce? Possibile che non esista un mezzo per evitarla? Sono veramente stufo dei miei pesi quotidiani!”. Il Buon Dio gli rispose con un sogno. Vide che la vita degli uomini sulla Terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l’altro. Anche lui era nell’interminabile corteo e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po’ si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare. “Sarebbe sufficiente accorciarla un po’ e tribolerei molto meno”, si disse. Si sedette su un paracarro e, con un taglio deciso, accorciò d’un bel pezzo la sua croce. Quando ripartì si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero. E senza tanta fatica giunse a quella che sembrava la meta della processione degli uomini. La semplicità non è una cosa semplice La semplicità, scrive Alessandro Pronzato, “è la virtù che teniamo di riserva. Dispostissimi ad attribuirla agli altri, non appena si presenti l’occasione. Di una persona che non possiede doti particolari, e verso la quale vogliamo essere generosi nel giudizio, diciamo che è ‘semplice’.
FedeI campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L’erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto.
Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non cadeva una vera pioggia. Il parroco del paese organizzò un’ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la grazia della pioggia. Riporto alcune riflessioni sull’umiltà fatte da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Angelo Comastri.
Di Giovanni Paolo II ho scelto un brano tratto dal suo libro “Il progetto di Dio. Decalogo per il terzo millennio” (Piemme, 1994, pp. 84, 85). Qui il papa pone l’accento sulla “piccolezza” quale condizione fondamentale per poter entrare nel Regno dei Cieli, tracciando il valore simbolico del “fanciullo” evocato nella frase di Gesù: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Tra gli spunti offerti da Benedetto XVI, ho scelto un estratto dal suo libro “L’elogio della coscienza. La verità interroga il cuore” (Cantagalli, 2009, pp. 124-126) in cui il papa parla della cosiddetta “nuova evangelizzazione” e della tentazione che qui si nasconde: “la tentazione dell’impazienza, di cercare subito il grande successo, i grandi numeri” che “non è il metodo di Dio”. “Le realtà grandi cominciano in umiltà” osserva Benedetto XVI, ricordando le parole di Gesù sul “grano di senape”. Di Comastri ho preso un passo dal libro “La firma di Dio” (San Paolo, 2002, pp. 132, 133), in cui pone l’accento sull’“umiltà di Dio”, del Quale l’uomo può conoscere i disegni se accetta di abbandonarsi all’umiltà della fede. “Trovo immancabilmente qualcuno che mi propone:
E io rimango deluso. Il palcoscenico è totalmente occupato da protagonisti, primattori, che sgomitano per stare in primo piano. Non si riesce più a reclutare individui disposti a recitare la parte modesta – ma pur sempre esaltante – di semplici uomini. Ho l’impressione che il mondo, oggi, sia popolato quasi esclusivamente da gente straordinaria, individui fuori dal comune, personaggi eccezionali, uomini importanti (o che si ritengono tali). Si stanno assottigliando paurosamente le fila della gente comune. E anche se sopravvive qualche raro esemplare, non desta alcun interesse. Insomma, l’uomo normale appartiene a una razza minacciata di estinzione. Occorre, perciò, salvarlo. Cominciando con l’attribuirgli tutto il valore che merita |
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May 2021
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